lunedì 17 settembre 2018

UNITRE Rivoli

Buon inizio anno scolastico e buon inizio di tutte le forme di scuola compreso quello per le persone della terza età come:
   UNITRE   RIVOLI  e TUTTA ITALIA

Non so più in quale blog sto scrivendo. Ne ho aperti troppi ed ora vorrei abbracciare tutti quelli che ho conosciuti, ovunque:


        Miei pensieri:
Le parole sono di tutti e noi possiamo raccoglierle e giocare con loro disponendole in maniera diversa a secondo del nostro umore e dell'atmosfera che ci circonda in quel determinato momento. Possiamo comunicare agli altri i nostri pensieri le nostre emozioni facendone partecipi i nostri interlocutori.
  A volte viene a trovarci la poesia e fortunati se in quel momento possiamo fermarci ad ascoltare riuscendo a tradurla sulla carta. Una poesia costruita a tavolino non trasmette la stessa emozione di una scaturita spontaneamente dal nostro cuore. A me è capitato poche volte e non sono mai riuscita a cercarla volutamente.
Ve ne ripropongo  qualcuna anche se le ripeto:

IL POETA

Il poeta si ama
il poeta si ascolta.
Assorbono i suoi pensieri
le rime e le assonanze
scaturite da sensazioni
irripetibili
ed in loro il suo spirito
si appaga.
Si avvolge in esse
li recita a se stesso
ne gode in prima persona
come un innamorato
della persona amata.
Agli altri porge
pago di un’attenzione
che non chiede
ma avverte se
esiste.
               <
ţ>Maria Dulbecco






martedì 15 maggio 2018

l principe azzurro
  di Maria Mastrocola Dulbecco



E’ uno dei temi del corso unitre che ho frequentato appena arrivata a Rivoli prima che mi invitassero a tenere il mio. Circa dieci anni addietro.
Ho rimandato di qualche settimana l’argomento poiché ritenevo di non avere nulla da scrivere a riguardo.
Ma uno di quei famosi cassettini della memoria si è prepotentemente aperto e mi ha ricordato che non solo un principe azzurro lo avevo sognato, ma era esistito nella realtà dei miei undici o dodici anni.
Mi rivedo ancora in quella terza navata a sinistra della chiesa parrocchiale dove la nostra “scuola cantorum”, della quale facevo parte, si riuniva attorno all’armonium per cantare gli inni del caso e negli intervalli di canto il mio sguardo era rivolto verso la terza navata, in fondo a destra, da dove due occhi mi guardavano al di sopra delle teste che riempivano la chiesa.
Tutte le domeniche i miei sguardi si incontravano con i suoi e quanto soffrivo se qualche volta non li trovavo.
Bello, il vero principe dei miei sogni.
Quando uscivo dalla chiesa,  con la mia amica del cuore, lo trovavo all’uscita e ancora lo incontravo nelle passeggiate per il paese. Ma neppure alla mia amica permettevo si avvedesse di quegli sguardi, né con lei ne avrei mai parlato, avvicinarsi non era neppure pensabile, il paese intero avrebbe mormorato e ne sarei morta di vergogna.
Quegli sguardi innocenti potevano provocare uno scandalo.
Un giorno, uscendo dalla chiesa per una funzione pomeridiana, da una casa vicina, sentimmo arrivare della musica e una ragazzina come noi ci invitò ad entrare. Io e la mia amica, quasi furtivamente, ci infilammo in quella porta ed in una stanza con le finestre accuratamente chiuse verso la strada, vi erano persone che ballavano.
Il mio principe era tra loro e il mio cuore sussultò dalla gioia quando mi si avvicinò per invitarmi a ballare.
Il primo e forse ultimo ballo della mia vita.
Non sapevo ballare e glielo dissi: non preoccuparti, ti insegno io e felice tra le sue braccia ascoltavo il suo dirmi due passi a destra, un passo a sinistra, forse era così che diceva, ma tutto quello che ancora ricordo è che si trattava di un tango e che volavo tra le sue braccia.
Avevo i capelli lunghi con la riga da una parte così che per metà essi scendevano sul viso coprendomi in parte la fronte e lui per farmi un complimento mi disse: sei pettinata alla Veronica Lake. Non vi erano sale cinematografiche in paese ma sapevo che la nominata era un’attrice.
Era la prima ed unica volta che l’ho visto da vicino e il mio principe aveva i capelli ricci e neri (non era biondo come nella tradizione) ma aveva gli occhi chiari.
Avrei voluto che quel pomeriggio non finisse mai, ma come nelle fiabe, prima dell’imbrunire, abbandonammo frettolosamente quella casa per tornare a casa in tempo da non perdere la fiducia che i nostri genitori ci accordavano.
Neppure in quel caso confidai il mio segreto all’amica, tornai a casa a fantasticare e mi ricordai un episodio accaduto in seconda elementare quando lo stesso ragazzino fu punito dall’insegnante per aver lanciato un biglietto sul mio banco e denunciato dalla bimba che mi sedeva accanto.
Sognavo di incontrarlo ancora e questo avveniva spesso essendo il paese piccolo, ma il nostro era sempre un incrociarsi di sguardi innocenti.
Sembra che questi sguardi siano stati notati da altri che non li hanno giudicati tanto innocenti se un giorno la mia amica del cuore addusse un pretesto per non uscire insieme.
Siccome anche lei pativa questa nostra separazione, sedute sullo scalino dietro la casa di Lella, all’ombra della nostra  chiesa, mi confidò: “Mammà non vuole che esca con te perché ha saputo che tu vedi…fece il nome del ragazzino.
Non era vero ma quel gioco di sguardi era diventato uno scandalo di dominio pubblico.
 Mi cadde il mondo addosso, la pregai di riferire a sua madre che non era vero niente e che mai ne avrebbe fatto parola con mia madre poiché me ne sarei vergognata. Poi lei che era sempre con me, sapeva che l’unica volta che ci eravamo avvicinati  era stato a quel ballo in cui c’era anche lei e del quale nessuna di noi poteva riferire.
Soffrii la mia prima pena d’amore, ma il terrore di essere giudicata male mi impedì di continuare a ricambiare quegli sguardi ed evitare di girarmi in chiesa verso quella navata in fondo.
Passati pochi anni, il mio principe si trasferì a Roma per i suoi studi, io a Torino così, le nostre strade presero direzioni diverse e non ci incontrammo mai più.
Aprendo oggi quel cassettino ho provato una tenerezza infinita per quella innocente prima inconsapevole pena d’amore.
 
                                             Maria Mastrocola Dulbecco

lunedì 19 febbraio 2018

         IL   LAGO
 
Fantasie di ricordi
narrati dalla nonna.
L’acqua d’inverno
lambiva i gradini.
Il contrabbandiere
ingegnoso
con fantasiose
corde e carrucole
tirava sotto l’acqua
il caffè, le sigarette
e cos’altro ancora?
Il lago
in quel punto
era più stretto
e l’immaginazione
spazia
evocando storie
stimolanti
per la bimba
che non sa bene
neppure come possa
essere un lago
 
              Maria Dulbecco
 
 

Il lago


         IL   LAGO

 

Fantasie di ricordi

narrati dalla nonna.

L’acqua d’inverno

lambiva i gradini.

Il contrabbandiere

ingegnoso

con fantasiose

corde e carrucole

tirava sotto l’acqua

il caffè, le sigarette

e cos’altro ancora?

Il lago

in quel punto

era più stretto

e l’immaginazione

spazia

evocando storie

stimolanti

per la bimba

che non sa bene

neppure come possa

essere un lago

 

              Maria Dulbecco

 

 

mercoledì 11 ottobre 2017

Tutto da scoprire

Inizio anno  2017/18
Venerdì 06/10/2017 sono iniziate le lezioni del mio
"Laboratorio di scrittura"
Non ero molto in forma per il mal di schiena dovuto alla caduta per non aver visto uno scalino.
La mia loquacità ha fatto si che ho potuto salutare tutti i 30 iscritti e notare i nuovi intervenuti.
Come al solito comincio a proporvi i loro scritti pervenutomi:
Di Jole :
Universi paralleli.
Parte seconda: Rivoli, 6 ottobre 2017.
Francesca parcheggia la sua panda rossa. Ha trovato posto senza
essere finita in zona blu; scende dalla macchina e per sicurezza
controlla che sia proprio così. Poi, con un leggero sorriso di
soddisfazione in viso per il piccolo risparmio ottenuto, si avvia
solitaria in direzione del centro commerciale.
È un po’ in anticipo per l primo incontro del corso di Laboratorio
di scrittura, ma lei è fatta così e non ama arrivare ad un
appuntamento all’ultimo minuto.
Il suo abbigliamento è quello non appariscente, quello di tutti i
giorni; nella borsa: smartphone, i Pad, taccuino e matita.
Il corso si tiene in una saletta dentro al centro commerciale, di
fianco al supermercato alimentare, di fronte al piccolo e
accogliente giardinetto interno.
Entra e viene subito accolta dal sorriso sorpreso di una sua
coinquilina di condominio.”Anche lei qui! Benvenuta.”dice quel
sorriso, subito seguito da una calorosa stretta di mano con
abbraccio dell’insegnante che gestisce il corso e dagli sguardi
solari degli altri iscritti.
Francesca si accomoda sulla sedia vicino alla sua coinquilina e,
curiosa, si guarda intorno: persone come lei, sensazione di calma
e serenità, affiatamento gioioso; sembrano tutti contenti di essere
lì, proprio come lei.
Perchè è lì ?
Anche nella terza età ci sono tante cose da fare, cose ancora da
imparare, cose da perfezionare.
La scrittura per Francesca è una di queste: la gratifica, la stimola a
riflettere, risponde ad un suo intimo bisogno di dialogo con se
stessa e con gli altri. Scrivere è esistere. Sapere che qualcuno
legge quello che hai scritto è esistere...
Jole Melano
Ho iniziato con una
Paarte seconda, segno che esiste una prima parte ed é:
 
 
 

Universi paralleli.
 
Parte prima: Collegno,, 1 ottobre 1956.
 
Francesca aveva lasciato con incertezza la mano calda e rassicurante di sua madre che  contemporaneamente,  con un sorriso,  le aveva affidato nell’altra mano la cartella nuova.
Era tutta contenta di avere la cartella: era marrone, con un intenso profumo di pellame nuovo; conteneva i quaderni appena comprati,uno a righe (di prima) e uno a quadretti (grossi),il portapenne blu con 12 matite colorate, la matita normale , la gomma,  il temperino e la penna con l’ appuntito e pungente pennino di metallo .
Sotto la leggera giacca, Francesca indossava il grembiule nero comprato qualche giorno prima in merceria; le sembrava strano perchè aveva l’abbottonatura sul dorso, una cintura metà cucita e metà allacciata dietro con un fiocco,un colletto bianco,  duro e fastidioso tanto era stato inamidato, chiuso da un grosso e pendente fioccone  blu.
La mamma aveva usato anche due fiocchetti (bianchi) per acconciarle i capelli: le sembrava di avere due lunghe e striminzite codine di cavallo che le ballonzolavano sulla testa.
Francesca si era avvicinata alla grande scalinata dell’ingresso riservato alle femmine. Il portone si era aperto ed una maestra vecchia vecchia e magra magra aveva cominciato a fare l’appello.
Un ultimo sguardo a sua madre, poi era timorosamente entrata  nell’edificio scolastico, salita sullo scalone, percorso un lungo corridoio e infine entrata in una grande aula con finestroni enormi e soffitto altissimo.
La cattedra era imponente, situata su una piattaforma che ne aumentava l’autorità; alle sue spalle un’enorme lavagna su cavalletti.II banchi erano distribuiti in due lunghe file parallele: erano a due posti, di legno con i sedili che formavano un tutt’uno con lo scrittoio, la cui superficie era piena di confuse scritte incise.
Le era stato assegnato un posto in terza fila vicino al finestrone centrale; dopo aver recitato tutti insieme il “Padre nostro” si era seduta e finalmente aveva avuto inizio il suo primo giorno di scuola.
Perchè era lì?
Tutti i bambini dovevano andare a scuola, imparare a leggere e scrivere in italiano, cosa che lei ancora non sapeva fare.
Conosceva solo il piemontese.
E poi avrebbe imparato tante cose meravigliose e da grande avrebbe fatto la maestra e sarebbe stata molto felice...
 
                                                      Jole  Melano